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Se perde la Capitale perde anche la testa

aprile 27, 2008

Riportiamo un articolo di Paolo Guzzanti su “Il Giornale” di oggi, ché ci è piaciuto assai 🙂

Se Veltroni oggi perde Roma, perderà probabilmente anche la testa. E sarà un guaio perché un altro leader il Pd non ce l’ha. Ma se non perdesse Roma, cioè se vincesse Rutelli, il guaio sarebbe una catastrofe per Roma e dunque a conti fatti, meglio che muoia questo fragilissimo Sansone con tutti i suoi ancor più fragili filistei.
Su Veltroni abbiamo scherzato tante volte e io gli ho espresso qui una simpatia personale che è sincera: come politico è, per dirlo alla romana, «un sòla» perché scopiazza da tutti, don Milani, Bob Kennedy, Obama, sotto a chi tocca; come sindaco se paragonato ai sindaci delle grandi capitali europee è da mettersi a piangere, però, come dire, è simpatico, è fanciullesco.
Federico Fellini un giorno a Piazza del Popolo mi disse che Veltroni gli sembrava il compagno di liceo buono della foto di classe, quello con cui hai fatto la gita scolastica a Firenze.
Una volta andavo a certe sue riunioni mattutine al cinema Mignon dove infliggeva tremendi film con «seguirà dibbattito», tutti volti a promuovere lui, ancora con i capelli lunghetti. Giocava a fare il comunista furbo che non ci ha mai creduto davvero, che è sempre stato dalla parte dell’America ma di un’America rifritta alle Frattocchie e che si chiama l’altra-America. Con lui tirava sempre un’aria da album delle figurine, fumetti, vintage, remake, riciclaggio di cultura, e in tutto quel ciàpa-ciàpa ogni tanto qualcosa di gradevole ci finiva, nulla di fondamentale, ma di decorativo spesso sì. Su quello lui ha fondato un’immagine e su quell’immagine lui ha firmato il patto col diavolo Berlusconi.
Berlusconi gli ha detto: senti carino, tu hai il faccino pulito, ti metti lì, fai un partito alla Tony Blair, io ti riconosco, tu mi riconosci, io taglio i cespugli miei, tu tagli i cespugli tuoi, io vinco, tu perdi, ma alla fine della giostra ti ritrovi un giocattolino niente male che si chiama partito democratico, lontano da falci martelli e altri attrezzi della bella fattoria, ti alleni per cinque anni e poi se ci sai fare competi probabilmente col mio successore e forse ce la fai. Però devi pedalare se no il gelato ti si squaglia e resti col cono in mano.
Walter parte con la campagna del pulmino e dei pranzi a sbafo, sondaggi in livrea e telegiornali alla Riotta in polpe e tricorno, si fa venire delle idee: qui, pensa alla fine di marzo, posso addirittura farcela. Nel loft, un postaccio veramente loffio, già gli facevano la forca: «A’ Vàrtere, guarda che si perdi er Lazio e si vai sotto er trentacinque, nun è che torni a casa co’ la testa su le spalle. E poi, a moré, sta attento a Roma, ché Roma è ‘na cosa seria. Vàrtere, ce pare che la stai a pijà troppo sotto gamba». Vartere allarmato chiamava Berlusconi e gli chiedeva: come vado? E Berlusconi: «Dottor Veltroni, lei va come un treno».
I sondaggi che gli portavano parlavano di testa a testa. Il Lazio era saldamente in mano democratica, Roma poi non ne parliamo. Veltroni sudava, ma di speranza. La speranza era che il Pdl vincesse sì, ma di misura, con un Senato in sofferenza, il Lazio solidamente in mano sua, le regioni tradizionali stabili con non più di una perdita o due.
Invece fu lo tsunami. La botta arrivò quando la montatura degli exit poll finti fu sovrastata dalle schede vere e si capì che quel che Berlusconi aveva sempre detto, un gap intorno al 10 per cento, era perfettamente vero. Il Pdl incassava carte primiera ori settebello e quattro scope. Restavano i sindaci. Roma prima di tutto. Il Lazio era perso al Senato, e il Senato era andato di grasso per Berlusconi e la Lega. Veltroni gorgogliava sotto il livello di guardia.
Per la prima volta i sondaggi cominciarono a traballare per il candidato Rutelli, detto a volte ritornano, ma a volte non tornano più. Ventate di gelo nel loft. Francesco potrebbe soccombere sotto Alemanno contro il quale al Manifesto e all’Unità hanno cominciato a fare riti woodoo.
Se cade Rutelli per Veltroni si prepara la purga, il processo Slansky, la Beresina. Waterloo, gli hanno preparato il banchetto con cui passare tra le file del delegati vendendo figurine panini, aranciata birra coca.

Veltroni, se perde ti insulta

aprile 20, 2008

Dice: Roma non ha bisogno di uno scendiletto. E non si riferiva a Rutelli

Veltroni ha perso la testa. Ha ormai capito che il suo cavallo, Francesco Rutelli, è senza fiato, e prima richiama tutti a un comportamento corretto, poi si lascia andare agli insulti. La frase è degna di un reality di quart’ordine:
“Roma non ha bisogno di uno scendiletto al Campidoglio ma di una personalità forte che sappia risolvere i problemi della città”. Di primo acchitto uno pensa che stia parlando proprio di Rutelli, ma poi l’ex-sindaco, sconfitto alle politiche e “mollato” anche da Prodi, deve specificare a chi si riferisce: “Francesco è la persona giusta per rispondere con forza ai problemi quotidiani – ha continuato Veltroni – Dio ci scampi a tornare alla Roma precedente al ‘93”. E Francesco è il nome di battesimo di Rutelli.
A parte il fatto che prima del 1993 c’erano stati Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli, la caduta di stile è evidente. E spiega perfettamente lo stato d’animo dei vertici del Pd romano. Con i nervi a pezzi.
Una situazione chiara: Veltroni aveva appena finito di rivolgere un appello agli uomini dell’Udc. “Per l’elettore cattolico un candidato come Rutelli, per il suo sistema di valori e l’ispirazione per governare questa città, possa essere una garanzia e una conferma”. Lo aveva rispondendo a domande sulla libertà di voto decisa dall’Udc per il ballottaggio di Roma, aggiungendo che lo aveva saputo in anteprima da Pierferdinando Casini. Quello che nessuno gli aveva detto è che contemporaneamente la base romana dell’Udc andava contro le decisioni del segretario e si esprimeva a favore di Alemanno.
Insomma, un’altra giornataccia per il segretario del Pd, che finirà all’opposizione anche a Roma e lascerà che qualcun altro metta riparo ai danni che ha fatto in tandem con Rutelli.
Quest’ultimo non sembra più sapere cosa dire. Rassicura gli elettori: “Nelle prossime ore farò delle proposte nuove che vanno al di là del mio programma. Stiamo concludendo gli apparentamenti e presto sarà chiara la sfida tra il centrodestra e il centrosinistra”. Cosa vuol dire che fino ad oggi non aveva in mente neanche un a proposta seria? Evidentemente è un po’ tardi dal momento che tra otto giorni si voterà per eleggere il nuovo sindaco di Roma.

E MO’ TE SVEJI??

marzo 12, 2008


E mò te svejii??

Nè quartieri alti, né quartieri bassi, solo quartieri sicuri.
E’ uno dei tanti slogan persuasivi della campagna elettorale di Rutelli Sindaco di Roma.
Sui manifesti campeggia però una pecetta azzurra sovraimpressa che dice:
“E MO’ TE SVEJI??”
Non c’è firma, né simbolo di appartenenza, ma è senz’altro un’iniziativa geniale!🙂

Un altro slogan rutelliano:
Roma capitale moderna, capitale umana.
Dopo che i “sinistri” l’hanno disumanizzata e resa invivibile con le loro stesse mani, queste sono le note più stonate nel coro delle affissioni elettorali sparse per la città. Una campagna di slogan che promette ciò che non è stato fatto in anni e anni della loro gestione comunale. E Roma risponde “C’avete la faccia come er c…!”
Speriamo che la gente di Roma non si lasci plagiare da queste enfatiche promesse ma ricordi l’evoluzione del degrado sotto la gestione della sinistra! Rutelli cominciò e Veltroni finì di compiere il danno.